9 luglio 2018

La visita

Lo sa? Le sentivo, le grida che venivano dal carcere dell’Aljube.

Abitavo due vie più in là, ma la distanza non le spegneva. E allora mi rifugiavo nella camera più lontana, prendevo il mio piccolo in braccio e lo facevo addormentare. La ninnananna portava via anche me, mentre mio marito teneva gli occhi bassi.

Sì, sentivo, ma non potevo fare nulla.

E in fondo erano sovversivi, dicevano qui a Lisbona, forse se l’erano anche cercata. Chissà cosa avevano in mente di combinare, con le loro idee strane. Non era meglio che il mio bambino crescesse in un paese ordinato e sicuro?

Sì, sentivo, ma ad un certo punto non volevo più fare nulla.

Sa che non riesco a guardarle, le foto raccolte in questo museo atroce? Perché vedo questi occhi silenziosi gridare di nuovo. E in mezzo alle urla sento – chiare – anche quelle di mio figlio, cresciuto in un paese ordinato e sicuro, mandato a saltare su una mina nella guerra in Angola… tagliato in due, insieme al mio cuore…

Sì, sentivo, e ora so che avrei dovuto fare qualcosa…

© Enrico Madini 2018

Racconto pubblicato anche su Millebattute

 

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Tutto il materiale contenuto in “La visita” di Enrico Madini è distribuito con licenza

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