È seduto di fianco a me, Bargondo.
Sorride felice: chissà quante volte aveva sognato di salire su una macchina come questa, lui giovane Surma!
Avrà undici anni, forse dodici: probabilmente nemmeno lui lo sa con esattezza. Ha occhi svegli e intelligenti, pieni di una dolcezza insolita per questa popolazione.
Sporgendosi dal finestrino, saluta con orgoglio gli amici che camminano nella strada polverosa: si volta indietro, addirittura, per guardare bene le loro facce incredule.
Nell’altra mano tiene stretta una frittella ripiena di strani semi, appena comprata in città, piccolo premio che si è concesso con parte del guadagno della giornata.
Durante la lunga camminata tra i villaggi ci è stato sempre a fianco; solo un poco scostato, con ammirevole discrezione, ma pronto a dare un aiuto per non farci scivolare sui sassi di un guado, per portare l’acqua o alleggerirci del peso di un piccolo zainetto.
Non si è affannato come gli altri ragazzini a farsi notare o a chiedere di essere fotografato. È semplicemente diventato parte del gruppo, piano piano, come fosse una cosa naturale, come ci fosse sempre stato. Tanto da farci chiedere, dopo un po’, dove fosse finito quando girandoci non lo vedevamo.
Siamo arrivati! Bargondo tende la mano per salutarci. Gli occhi timidi e gentili parlano per lui. Lo vediamo incamminarsi verso la sua capanna, giocando con il piccolo braccialetto di elastici blu che gli ho regalato.
Forse non riesce nemmeno a immaginare quanto è stato bello anche per noi averlo come compagno di avventura…
© Enrico Madini 2015

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