1 marzo 2016

El Sod

Dal bordo del cratere, il piccolo lago lì sotto sembra una poco invitante chiazza di inchiostro. E invece, per chi vive lungo le pendici del vulcano di El Sod, in quelle acque si nasconde una grande ricchezza: il sale.

È sul fondo, mischiato a una fanghiglia nera e maleodorante: per estrarlo i Borana dapprima smuovono il fondale con lunghe pertiche, poi raccolgono il fango – a mano, anche immergendosi in apnea! – e lo trasportano a riva per formare mucchi che seccheranno al sole.

È un lavoro duro e antico: tutto si svolgerebbe come cento anni fa, se non fosse per l’impiego di tinozze di plastica nel portare il fango fuori dal lago. Per il resto, da sempre l’acqua salata brucia, irrita, corrode. Ogni ferita esposta sembra urlare la sua presenza. La fatica e il sale consumano come in pochi altri mestieri.

Solo gli asini sollevano gli uomini dall’ultima incombenza, portando per loro i sacchi pieni fino al paese.

© Enrico Madini 2013

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