
Un uomo
Mi chiamo Paulo Cabral e faccio la guida. Porto la gente a visitare il quartiere dove sono nato.
Mio padre arrivò a Cova da Moura da Capoverde, tanti anni fa, come molti altri che pensavano di essere portoghesi. Ma gli abitanti di Lisbona avevano paura persino di avvicinarsi alle loro baracche.
Quasi tutti i ragazzi vissuti qui sono stati in carcere almeno una volta. Anche io vi ho trascorso undici anni, un terzo della mia vita.
Lo dico subito alle persone che accompagno. Mi guardano in maniera diversa, dopo. Vedo che si chiedono il perché. Ma io non fornisco nessun indizio. Non importa quello che ero, importa quello che sono diventato.
Sono quello che affronta i vecchi complici quando gli urlano: “Amico dei bianchi!!!”
Sono quello che cerca un futuro, per sé, per la sua famiglia, ma anche per la sua gente.
Sono quello che vuole proseguire il cammino di suo padre.
Sono quello che spera un giorno di essere accettato, senza sospetti, in due mondi.
Mi chiamo Paulo Cabral e sono un uomo, ora…
© Enrico Madini 2018
Racconto pubblicato anche su Millebattute
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Bella storia Enrico, e belle fotogafie. Ciao, monica
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Grazie, Monica. Un carissimo abbraccio!
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Complimenti per le parole e per le immagini !!!
A presto
A.
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Grazie, Andrea! Un caro saluto!
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